Lasciamo il marina di Ponte (Punat) di prima mattina e attraversiamo la Baia di Ponte, o Valle Cassione che dir si voglia, diretti verso lo stretto accesso al quale deve il suo nome. Infatti, tra le due rive all’ingresso della vasta insenatura, in epoca romana era stato costruito un ponte, poi sostituito da uno girevole ai tempi della Serenissima. Del resto la morfologia del terreno ben si presta a questa soluzione: a fronte di uno specchio d’acqua notevole, l’accesso al mare ha un’ampiezza di soli 120 metri e una profondità massima di 4 (così sostiene il navionics) al centro del canale segnato dalle briccole.

La baia è circondata da colline di modesta altezza e sulla nostra dritta l’isolotto di Cassione e il suo convento meriterebbero una visita, ma non succederà oggi.

Passato lo stretto, facciamo rotta verso il mare “aperto”. In realtà il Quarnerolo è una sorta di enorme lago chiuso a ovest da Cherso e Lussino, a nord da Veglia, ad est da Arbe e Pago e a sud possiamo decretarne confine le isole di Selve ed Ulbo.

Il cielo è sgombro da nubi, eppur fosco. Si tratta di una foschia dovuta al caldo, ma sappiamo che alle nostre spalle preme da nord ovest la perturbazione che ci costringerà un paio di giorni nel porto di Arbe. Prima rovesci d’acqua e temporali, poi sarà il turno della bora che ripulirà cielo e mare.

L’idea è dirigersi verso lo scoglio di Gallon (Galun) per avvicinarsi un po’ alle isole che separano il Quarnerolo dal Canale del Maltempo (Morlacca), per poi puntare Arbe verso le sue baie settentrionali, indicativamente Punta Sorigna/Porto San Pietro, quindi seguire la costa fino alla città di Arbe. Non è la rotta più breve, ma vogliamo guardarci in giro.

Il mare è una tavola senza increspature, non soffia un alito e navighiamo oziosi, ammirando il panorama che ci circonda e giocando a riconoscere scogli e isole visti ad oggi solo dalle alture di Cherso. Poche vele, issate solo per dare stabilità alla navigazione, e molti motoscafi lungo l’arco dell’orizzonte.

La catena del Velebit, così a ridosso del mare, è una cornice imponente. Tra un giorno si metterà il “cappello” e comincerà a sputare il vento che in queste zone ben conosciamo, la Bora. Dicevano saggiamente nei tempi andati, e forse dicono tuttora da queste parti, quando el Velebit ga el capél o che fa bruto o che fa bel. La dicotomia bora bianca / bora scura. Del resto proprio lì dietro, nascosta ora dall’estremità meridionale di Veglia, ora da Pervicchio (Prvić), c’è la suo porta più possente: Segna(Senj), patria dei corsari Uscocchi.

FB_IMG_1503143608755Siamo ormai in prossimità di Punta Sorigna quando vedo spuntare da Punta Donja tre barche con tutta la tela a riva. Il mare si increspa. Arriva da sud, è Jugo. Per noi vuol dire bolina, ma dobbiamo conoscere Giochidivento e quindi tiriamo su tutto anche noi e spegnamo, finalmente, il motore.

Non ho un anemometro, ma la prima mezz’ora è decisamente divertente. Un po’ meno per le bimbe e i loro giochi, che vedo volare in quadrato tra le proteste. C’è da farci l’abitudine, o almeno così spero…
Poi il vento cala, ma ci permette di raggiungere Cifnata, una delle numerose baie di cui è orlato il litorale occidentale, dove diamo fondo per un meritato tuffo.

A nord/nordovest il cielo comincia a farsi plumbeo.
Ci asciughiamo e ripartiamo subito. E quasi subito si vedono i primi lampi, pure in assenza di tuoni. Buon segno: abbiamo tempo.
Corriamo verso il marina superati da un nugolo infinito di motoscafi che velocemente abbandonano le varie baie dove si erano nascosti.
Tutti cercano riparo nel porto di Arbe e così facciamo noi. Spero ci sia un buco, visto quanti sono i cugini a motore.

Così, tormentato dal dubbio e dal timore di dover affrontare il tempaccio che verrà all’ancora con due bambine di 4 e 6 anni e un papà di 73 alla sua prima giornata di navigazione su un natante, non mi godo l’atterraggio tra le torri di Arbe.

Contatto il marina, che mi rassicura: c’è posto, ma bisogna attendere. I marinai sono impegnati a risolvere la congestione dell’arrivo in massa. E già mi sale un secondo prurito di coscienza: se non si riuscirà a gestire il tutto in tempo, il primo attracco a bordo di Giochidivento sarà con un temporale sulla testa e i compagni di cui sopra a far da equipaggio…  Per fortuna la logistica gioca dalla mia: pescano nel mucchio l’unica barca a vela, la nostra, e ci indicano il pontile e l’ormeggio. Salvi. Riusciamo anche a far la doccia e ad uscire dal bagno sotto i primi schizzi e le prime raffiche.

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